La coperta aveva
strappi, non era proprio un perfetto lenzuolo per loro.
Lui la portò al parco e la distese.
Stesa a lato del fiume li accolse.
Lei si sdraiò, lui non osava toccarla. Eppure ne moriva dal desiderio.
Ormai da ore.
Desiderò poterla stringere come avrebbe fatto con una donna di cui
avesse desiderio normale e normale amore. E non quel patto così intimo e
speciale.
Desiderò baciarla, lei si sdraiò e il viso era così vicino al suo e le
labbra così morbide e golose che si sentì quasi morire. Sembrava lo
sfidasse.
Per vedere fin dove e quanto avrebbe saputo rispettare il primo loro
patto.
E i loro ruoli fin dove gli fossero entrati nella natura e nel cuore.
Parlarono, la cosa che anche dopo lui può dire è che non smisero mai di
affondarsi negli occhi per ore.
Lui aveva mille paure, mille incertezze, come un pattinatore su un lago
a inizio inverno ogni passo temeva di sentire il ghiaccio sotto i
pattini cedere, gemere, schiantarsi, aprirsi e svanire. Eppure pattinò,
andò oltre, avanti, mostrandosi per come era, raccontandole le sue
intime e piccole cose.
Risero, sorrisero.
Poi lei si mise a sedere, arrotolò una sigaretta e continuò a raccontare
a sua volta per donargliele mille sue cose.
E la cosa che pensò l’uomo fu come fosse naturale cercare di portare
ognuno l’altro dentro la sua vita anche per ciò che era prima che si
fossero incontrati e trovati in quello strano modo. E come raccontarsi
in fondo fosse per loro un dono, una sorta di loro comunione.
Poi lei in silenzio, guardandolo negli occhi, gli mise una mano sulla
camicia.
E lui stette zitto, gli si mozzò la voce, la sentì inutile e zittì.
E cominciò a sciogliersi e a tremare sotto le dita.
Gli aprì con calma uno, due bottoni, gli scivolò di lato, quasi alle
spalle, o no fu lui, no furono tutti e due, sì furono tutti e due a
muoversi, e a ritrovarsi così, nuotatori in accordo senza bisogno di
parole per trovare incastro ai corpi, su quel prato.
E lei fu quasi dietro, e scivolò il braccio e fece risalire dentro la
camicia aperta sul petto dell’uomo la sua mano.
La posò piatta sul petto, cogliendo, l’uomo tremava la pelle aveva
brividi sotto il palmo, l’emozione dell’uomo che stava tenendo a sé. Lui
si appoggiò, la schiena al petto della ragazza e il suo respiro fu
profondo.
Lei lentamente ma decisa, mosse la mano, portò il capezzolo al suo
centro, lui lo sentì nell’incavo del palmo, poi gli portò le dita
intorno stringendolo e poi ancora il palmo. Lui sussultò così
violentemente, piegandosi in avanti, che lei per istinto gli prese i
capelli e gli tirò indietro il capo, arrovesciandolo,come se da sempre
domarlo così fosse stata la sua vita.
Con il capo tenuto indietro, il petto nella mano si trovò offerto,
l’uomo non poteva chinarsi avanti d’istinto, le aderiva con la schiena
contro e la sentì respirare veloce ed eccitata e vibrare alle sue
spalle. Sentì il respiro di lei tradirne l’eccitazione, farsi profondo,
umido e caldo come sapeva fosse il sesso sotto i pantaloni neri, tra le
sue cosce, alle sue spalle.
La sentì tenergli la carne nella mano, stringerla nel palmo e tra le
dita, afferrarlo, chiudendolo e rilasciandolo, pompandolo come se
respirasse.
Sentì in quel gesto la scelta di lei e il senso del prendere possesso.
Col capo tenuto così e la mano che serrava la carne che ora le
apparteneva lui la sentì mare in tempesta, onda di onde, e si eccitò
ancora, senza che lei avesse necessità di dire o di toccare o fare alcun
altro gesto.
Ora era certo che il ghiaccio non si sarebbe rotto, che si poteva andare
fino al di là del lago, che la stagione era la loro.
Che potevano andare insieme fino al centro del loro lago e poi ancora
oltre, fin dove ci fosse stato da esplorare insieme e riscoprire nuovo
il mondo.
Fu allora che seppe che lei lo aveva scelto.
E che lei lo voleva.
E si sentì a casa, su una vecchia coperta, di fianco a un fiume, su un
prato verde. |