Ascolta. Lei e il suo respiro.
Ha faticato a trattenersi mentre lei da sola gli offriva la vista del
crescere, farsi tondo e poi dirompente del suo orgasmo.
Le sue mani avrebbero voluto toccarla. Sostituirsi a quelle dell’Allieva
nel penetrarla.
L’indice e il medio a lavarsi dei desideri della fica gonfia e lucida,
non più di saliva ma di voglia.
Il pollice a forzarla dietro, ad aprirsi un varco dove lei si serra in
rosa stretta di carne, così sensibile e perfetta da sembrare chiusa,
alla pressione del pollice che spinge, flette, trova il primo cedimento.
E poi affonda in lei, cercando nel suo ventre le altre dita che hanno
preso possesso dell’altro varco, divise tra loro solo da un sottilissimo
diaframma. Che urla di piacere al loro ripetuto trovarsi e allontanarsi.
E la obbliga a sollevare le reni ad ogni affondo per offrirsi meglio.
Ha faticato.
A non mordere la nuca e il collo.
A non infradiciare della sua saliva lei, lì dove finiscono i suoi
capelli corti, a non correre con la lingua fin dietro e poi dentro
l’orecchio, fragile, docile ricciolo di carne, accogliente ascoltatore
del suo respiro umido e di quel tocco caldo.
Ha faticato a non afferrarla per i fianchi e a non affondarsi in lei
violentemente. Come volesse entrare non solo col sesso nel suo sesso. A
non sentirne la leccata umida e viscosa delle labbra sulla sua cappella
gonfia e calda, pulsante, tesa dal desiderio. Il piccolo occhio aperto
dalla voglia lì sulla punta, fica di uomo affamata dei suoi succhi caldi
di ventre di donna.
Prendendola sarebbero entrati i succhi dell’Allieva, a dare pace e
dissetare quel piccolo taglio che ora ha le labbra rosse dalla tensione
che lo squarcia.
Ha faticato per donarle, rinunciando al suo e al suo impulso e
desiderio, il piacere di offrirsi.
Di lasciare andare lei, sui suoi ritmi conosciuti a cancellare ogni
paura e ogni ansia, ad occhi chiusi, sapendosi guardata dall’uomo che
lei ha scelto per suo Maestro.
Se lei avesse solo voltato un attimo la testa.
Avrebbe visto.
La mescola di desiderio, tenerezza e forza. E commozione lucida in
quegli occhi.
Di un uomo forse troppo vecchio per immaginarsi o esserle semplicemente
amante.
Non si è girata, ed è passata dal piacere che scemava dopo l’orgasmo al
sonno, come capita solo quando si è felici veramente.
Lui la guarda adesso.
Non vuole svegliarla.
Le prende un polso, poi l’altro.
Lei li ha alti sopra la testa, nel sonno morbido, sul cuscino.
Allaccia due polsiere di docile cuoio nero, esattamente dove finiscono
le mani da ragazza e battono le vene della donna. Passa un nastro di
raso nero dietro la testata del letto e assicura in silenzio le due
polsiere, tramite il loro anello, a quello.
Lei finge di dormire adesso ma il Maestro è così preso dal desiderio di
non svegliarla che nemmeno si accorge di questo. Lei fa filtrare il suo
sguardo attraverso le palpebre che non apre e finge chiuse ancora dal
sonno.
Lo guarda. Le dita che incespicano in un nodo e quasi vorrebbe lei
aiutarlo adesso.
Dirgli “lascia che faccia io, le mie dita sono più sottili e agili nel
legarmi”.
Ma tace e non apre gli occhi.
Lui le solleva il capo delicatamente, ancora convinto del suo sonno. Lei
cerca di assecondarlo senza tradirsi.
Apre gli occhi solo un istante prima che lui faccia chiudersi il cerchio
della benda a toglierle la vista. Lo fissa negli occhi.
Non sorride né dice nulla, lo guarda come se si vedesse lei stessa,
specchiarsi lì, in quell’azzurro chiaro e liquido, dello sguardo
dell’uomo, posato su di lei ad avvolgerla, sulla benda e sul suo viso di
ragazza.
Poi, cieca e prigioniera lo sente sollevarsi dal letto.
Allarga lei stessa allora le gambe più che può, è una preghiera muta.
Adesso.
Offre la vista delle labbra glabre, gonfie ancora umide del suo orgasmo.
Vorrebbe quasi potessero aprirsi per rendere più esplicito l’invito
silenzioso.
Accoglie con l’inarcarsi delle reni la carezza della punta delle dita.
Poi serra strette le cosce al collo all’uomo che con le labbra lì, la
sta baciando.
Che serra forte ma senza darle dolore le labbra della fica ora tra i
denti, poi le rilascia e le lecca. Poi le riempie di alito caldo fin
dentro.
Lei serra le cosce al morso. Poi alla carezza della lingua e di baci le
rilascia lente.
Lo stringe a sé. E comincia ad amarlo.
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