Ti prego, ancora
 
  - Non fermarti, non ora non ora non ora
Angela trema, la mano sale. Dipinge lucide prima le dita unite, poi il nodo di ossa che le unisce a raggiera.
Ripete – ancora – ma la voce si soffoca nel respiro tagliato, quando quel nodo passa e la fica serra il polso, come un bracciale fradicio di umori.
- Mioddio…
Gode. Marco la guarda con amore. Aperta, donata, offerta, riempita, sua oltre ogni barriera.
Senza remore o pudori.
A Marco esplode per l’emozione quasi il cuore.
Chiede al suo amico di sfilare la mano dalla sua schiava.
E, a lei, di ringraziare.
 

 

 

Camminando a piedi nudi nella notte
 

  Il piede. Nudo. Offerto.
Scivola dal cazzo al petto, attraversando il ventre.
Al volto. Accoglie la carezza della lingua.
Tra le dita, sotto la pianta, lecca il collo.
Spinge.
Martina spinge.
Finché Angelo cade nudo sopra il letto. Gli è sopra. Calca il volto col piede, la lingua disperata, ingorda lecca. Martina è quasi in equilibrio sulla lingua adesso. Rincorsa, inseguita dal guizzo della punta e delle labbra. Il piede lucido sotto la lampada del comodino imprime al viso la sua ombra. Poi, improvviso scende, torna sul cazzo, lo imprigiona sotto. Calca.
- Adesso leccalo, puliscilo – sorride, riportandoglielo alla bocca.

 

 

La ragazza non aveva voce
 

  Non riusciva a chiedere o gridare. Essere muti da una strana sensazione. Anche essere ciechi.
Non vedere il buio, lo so, è paradossale. Che uno dice - vedi la luce -
Ma anche il buio si vede.
Essere senza olfatto e senza gusto.
Rincorrere odori e sapori. Il fiele è dolce? O era il miele?
Non poter toccare o muoversi o camminare. Che, se toccare al buio un volto conosciuto è come vederlo la prima volta, doverlo solo immaginare è ancora altra cosa.
Le ridette i sensi, tutti, dopo la sessione. Tornarono piccoli. Come erano prima di privarla di loro.
 





(scritti per un concorso a tema)

 

 

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