L'umido della voce

 

    

 

 

 

Guardi il telefono.
In attesa che possa suonare.
Sul tavolo, di fianco ai fogli sparpagliati, che solo a guardarli pensi che li dovrai riordinare e d’improvviso hai quasi angoscia.  Perché aspetti, con quell’attesa un po’ nervosa di quando per scaramanzia neghi quasi a te stesso che stia per suonare, che suoni.
Attendi che si rompa il velo immobile di silenzio che ti circonda, in mezzo ai rumori di una grande stanza, e gente, e parole che nemmeno distingui dai tavoli vicini o dal passaggio di due che parlano tra loro, camminando senza fermarsi, e attraversano la stanza senza mai tacere, di qualcosa. Alle tue spalle loro sono solo un brusio a cui hai imparato a non prestare nemmeno più attenzione.
Immagini lei che compone il numero e immagini la voce, appena avrai risposto, che cerca e verifica che sia proprio tu a rispondere. Quella domanda, - sei tu ? –
A volte quell’attesa prima di dirlo e farti la domanda, che ha quasi un suo suono particolare.
Che sembra dire che, e come e quanto lei desidera sia tu ogni volta.
Immagini il suono delle sue parole che sembra ridere felice, la voce è calda come caldo è il suo seno. E si posa su di te facendolo all’istante percepire in un abbraccio senza contatto fatto solo di morbidi e sensuali e caldi suoni.
Senti nel riso della voce, nella felicità che dà un suo particolare suono alle parole e le veste, poi le spoglia e le riveste mille volte sulla scia delle parole, il suo calore. La voce ha un suono giovane, pulito, fresco d’acqua in perenne movimento, a volte quasi argentino eppure così caldo che ti trovi a chiedere come possa l’argento, lucido, quasi gelido se non lo tocchi, avere poi in sé tutto quel calore.
Nel tono un po’ scherzoso con cui scherma e quasi cerca di schernirsi e minimizzare, senti la danza delle voglie e dei desideri che si nascondono dietro le sue parole e quel quasi voler sdrammatizzare la lontananza e tensione e il bisogno di aderire. Pelle su pelle.
E non importano quasi nemmeno le parole, parla la voce, nelle sue pieghe che sono umide di sesso, nel suo dispiegarsi come una corsa fatta insieme. Nelle pause in cui il fiato le si ferma come se tu le fossi dentro e lei fermasse il pensiero per sentirti solo lì, tutto lì, avvolto, stretto, lavato, riscaldato, trattenuto in un tempo solo vostro, tenuto e affondato e assaporato come cosa sua, intima e profonda nel suo sesso aperto e fradicio per te e su di te richiuso.
No. Non importano quasi le parole che pure fluiscono ora, che accostano e scostano labbra fatte di solo suono dalle tue, che si danno e si negano in un continuo e crescente gioco mano mano che parlate. Non importano perché tu puoi sentire, ben oltre le parole e il loro senso e significato, il respiro che le modula, il suono puro, anche svincolato dal contenuto, farsi velluto per poi diventare quasi vischioso se tu fermi le tue, a tenerti lì incollato a lei.
Lei dice che verrà. Che non sa ancora quando né come ma verrà.
Che riuscirà a liberarsi e arrivare.
E oltre quel che dice, riesce a farti sentire che sta spogliandosi di tutto per te mentre lo dice, che si è fatta nuda, parola dopo parola, suono dopo suono, e ha addosso solo il piacere di essere lì, nuda, per te, davanti a te che la stai ad ascoltare.
Guardi il telefono. In attesa che forse suoni ora.
Ancora e ancora.
E i fogli sparpagliati.
E’ come se vedessi lei guardando sopra il tavolo, con lo sguardo che vede ma non guarda, che passa quasi attraverso a ciò che vedi, e scorre solo senza bisogno di razionalizzare immagini precise. Avvolgendole solo.
Al punto che, mentre sei preso da questi tuoi pensieri, nemmeno realizzi subito che suona.
Che sta suonando proprio ora.
Ti coglie inaspettato, inatteso, quasi ti sorprende il suono che pure eri lì proprio ad aspettare.
“Sei tu?”
E la sua voce ride. Ti sorride, diventa la tua voce, quella di lei che ti appartiene, quella che lei ha per te e te solo quando tu e lei vi parlate.
“Sei tu?”
“Sì, sono io, chi volevi rispondesse al mio cellulare?” scherzi, la prendi in giro perché anche lei giochi il gioco della tua voce e del suo umore. E perché anche tu ai bisogno forse di schernirti un poco e di minimizzare desideri e sensazioni per piccolo intimo pudore.
“Sei proprio tu? Buongiorno amore”
“Sì sono proprio io” e ridi felice “Ho voglia di te, sai? Trova un modo per liberarti e non farmi ancora aspettare…”





 

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