E fu quasi per caso.
Che la maglietta lasciata abbandonata sulla sedia tornò sul corpo
dell’uomo.
Era caduta dietro, scivolata al suolo, lui la raccolse.
La portò al viso alla ricerca di un eco, perché a volte anche il tessuto
si può fare conchiglia. Toccò il cotone, morbido di lavaggi ripetuti e
chiuse gli occhi per vedere in modo più sicuro.
Sì.
Era lì. Ancora.
Se la infilò con calma.
Tolse la maglia che indossava prima, la ripose con cura. Poi infilò il
capo nell’asola del collo, alzò le braccia e la lasciò scendere,
scivolare. Fino ad aderire alla sua pelle, facendosi seconda pelle di
tessuto.
Non aprì mai gli occhi facendolo e si sentì avvolto, pervaso, penetrato
nelle mente attraverso i sensi dall'odore. No, non l’avrebbe mai creduto
o nemmeno sospettato che potesse, a distanza di giorni essere così
forte, e sentirsi nettamente e devastantemente così ancora. Sorrise
pensando a come in realtà lo stesso pensiero si potesse perfettamente
adagiare come un velo o un calco su altro che sentiva, con sensi più
intimi e profondi del respirare, ogni volta che pensava e i suoi
pensieri tornavano a lei. Ancora. Ancora. Ancora.
Pensò a come gli sarebbe stato facile per lui persino ora dire – dirle -
ogni volta che aveva infilato o sfilato quella maglia nei loro giorni a
casa. Di come si sarebbe fatto volentieri prestigiatore e acrobata di
memoria per lei in questo modo, stupendola e giocando a farsi correggere
da lei, sbagliando apposta e non per caso.
“No, in quel momento non l’avevi, era al suolo, sfilata, accartocciata.
Io lo ricordo bene” l’avrebbe cercato di correggere lei, provocandolo,
facendo il volto serio e trattenendo a stento il riso, per gioco. E
avrebbero lottato, su quella loro memoria, rotolandosi sul letto, per
gli orari ricordati di una maglietta come se fossero stati su un pennone
in un campo di battaglia infinita gli orari di una bandiera.
Sbagliando apposta, tutti e due, per non doversi né potersi fermare nel
loro gioco.
Ma è vero.
Non avrebbe mai pensato che un senso, un senso solo sarebbe in modo così
follemente perfetto bastato.
A farsi macchina del tempo, e dello spazio. A riportarlo lì ad occhi
chiusi.
La maglia odorava di sudore dolce e forte.
E del sesso di lei.
Dell’odore forte di femmina, e dolce di donna, quando lei scioglie ogni
difesa e vive. Quando nessuno ha un compito da leggere, un quadro
dipinto da esibire e i corpi donano e depongono così oltre agli abiti e
alle parole persino su una maglia il proprio odore. E’ lì la sente.
L’odore tocca.
Muove, sfiora, stringe.
L’odore ha un buon sapore.
L’odore lui lo sfiora e poi lo cerca sulle mani pure.
L’odore canta la voglia di tornare.
La maglia è nel cassetto ora, sotto, protetta. Nascosta come si nasconde
a volte nell'autunno il sole. |