Metro
Linea 1.
Attaccato
alla sbarra rossa il polso dell’uomo.
Lo sguardo suo vaga dal suolo alle persone sedute lì davanti.
Vede soltanto.
L’uomo non guarda.
Vede attraverso i vetri e attraverso le persone.
La sensazione di un grande ascensore. Dove o guardi a terra o guardi..
attraverso.
Lo spazio è piccolo, nell’ascensore ancora più ristretto. Invade anche lo
sguardo stesso lo spazio più intimo e personale.
E allora lo sguardo si fa acqua, lambisce solo, carezza a volte, oppure scivola
soltanto.
Lo sguardo liquido in cui non si leggono i pensieri.
Ma lei è lì.
Seduta al secondo posto da sinistra.
Stazione di Cadorna.
Non sa quando lei sia salita.
Nemmeno l’ha vista sedersi, lì, la gonna corta a risalire oltre il ginocchio.
Stretta tra un uomo che deborda dal seggiolino e una donna ancora bella, con tre
sacchetti della Rinascente stretti fra le gambe.
La ragazza non avrà ancora trent’anni.
Forse anche qualcuno in meno.
Ha le gambe strette tra quelle dei vicini, accostate.
I piedi incrociati nella seduta.
Il piede destro appoggiato col collo alla caviglia sinistra.
Lo sguardo dell’uomo appeso alla sbarra torna.
Scivola come acqua in cerchio prima di svanire nel pozzetto al centro del
lavello.
Scorre per il vagone tra braccia appese e persone intente a nascondersi tra
giornali,
sguardi
liquidi come era il suo e pensieri che intuisci correre dietro gli sguardi.
La ragazza ha una maglietta gialla, stretta, e una borsa a tracolla.
La borsa è posta in grembo, tenuta dalle mani che vi ha poggiato sopra.
Una borsa indiana, con specchietti e colori di altre terre.
La gonna lascia scoperte le ginocchia e sotto le ginocchia si disegna la piega
della gamba.
Il polpaccio teso nello sforzo di tenere quella posizione e proteggersi dai vicini che stringono di lato.
La
ragazza ha un libro in mano.
Chiuso con l’indice in mezzo alle pagine a fare da segno.
La metro curva e nella curva l’uomo oscilla e come per caso avvicina capo e
sguardo a rubare il titolo del libro.
Le età di Lulù.
L’uomo di istinto sorride.
E nel farlo incrocia il sorriso della ragazza.
Che ha colto il movimento che voleva sembrare naturale. Lo sporgersi a rubare il
piccolo segreto di lettura.
Quanto
dura l’incrocio di due sguardi?
Una vita.
Il sorriso si specchia nel sorriso.
Ora l’uomo non scivola più liquido con gli occhi per il vagone.
La ragazza si aggiusta sul sedile e lui coglie lo scatto del muscolo al
polpaccio nel movimento,
la salita
della gamba ad accavallarsi sull’altra.
Piccola danza di seduzione di due gambe.
A rubare lo sguardo ed il sorriso.
Malizia di ginocchia.
La borsa è scivolata a lato adesso. La signora coi sacchetti ha lo sguardo
seccato di chi deve stringere i suoi spazi e ritirarsi.
La ragazza. La ragazza non abbassa il sorriso.
L’uomo si accorge che l’aveva già vista. Se ne rende conto solo ora.
Altre volte su quel metro.. a volte seduta…altre schiacciata dalla gente nelle
ore di ressa.
Sa anche dove scende, si rende conto solo ora. Del fatto che lei vive poco
distante da dove lui ha casa.
Dei negozi dove si sono incontrati. Delle volte in cui la fretta non aveva
nemmeno fermato il fotogramma di un istante nella mente.
La ragazza no. Lei i fotogrammi li aveva.
Dell’uomo a cui aveva tante volte sorriso senza però mai incrociarne lo sguardo
e l’attenzione.
Ora lo sanno entrambi.
L’uomo dal braccio alto teso a stringere nel pugno la sbarra rossa e contenere
scossoni, curve e oscillazioni di rotaia.
La ragazza dalle ginocchia fresche di donna ancora da sbocciare.
Quanto dura un sorriso.
A volte mesi indietro, come un film che si riavvolge.
E di colpo corre.
La ragazza alterna ora la gamba. Scavalla e riaccavalla.
Il sorriso sa che la gonna ora è anche alta.
Percepisce sguardi a correrle sul muscolo della coscia. Di quegli sguardi non si
cura.
Sa che gli occhi dell’uomo sono lì, dove il muscolo della coscia accavallata ha
una curva di spessore,
schiacciato sotto sulla gamba sottostante.
E il suo sorriso è nuovo.
Cerca quello dell’uomo, un nuovo incrocio.
E’ il sorriso del secondo tempo di un film. In cui l’attrice sa di essere bella.
Che
l’uomo l’ha notata e che i suoi occhi ora sono prigionieri.
L’uomo alla destra della ragazza si alza…Fermata Cairoli.
La ragazza scosta le gambe all’altro lato a fare spazio.
Sorride all’uomo appeso ad una sbarra.
E sorridendo, con gli occhi incatenati agli occhi incatenati, gli dice.
Siediti, il posto è libero. Io sono Anna…
L’uomo lascia la sbarra rossa, si avvicina, ruota sui piedi e si lascia
scivolare sul seggiolino rosso.
La ragazza riaccavalla le gambe e si riallontana dalla donna coi sacchetti
stretti tra le gambe.
Sorride.
La gamba accavallata è calda contro quella dell’uomo. La gonna anche troppo alta
adesso sulla coscia. Attende la sua mano. Finalmente.
Il treno riparte.
Prossima fermata: Piazza Cordusio.
L’uomo e la ragazza scenderanno insieme.
Dedicato a chi viaggia e ha viaggiato in metropolitana,
indipendentemente dal percorso e dalle stazioni.