Perché girarci in tondo? Intorno?
Che poi l’avevi sempre saputo quello che era, eppure ogni volta te ne
stupisci nuovamente e cerchi aggettivi, sostantivi verbi che ne
mitighino forza e desiderio. Quasi volessi mettere un abito bianco, al
corpo di pensieri che hanno colori rutilanti, forti, per renderlo meno
rovente.
E reggerne il calore più serenamente.
Dell’attrazione, del legame di quelle corde che legasti, e che legò, per
gioco, un giorno.
L’uomo e la donna avevano scambiato parole fattesi torrente di montagna,
gioco di lingue amanti in mille anse e rocce, gonfio di pioggia e acqua.
A fermarsi un attimo e trasformarsi da torrente folle di discesa a valle
in pozza, simulandosi fermo, come il tuo cazzo quando si ferma e ascolta
il battito di un ventre.
Come la fica che trattiene e serra e dona quella sensazione calda,
unificante di nervi e pelle, avvolgente.
E poi riparte. Parole. Emozioni, suoni che rimbombano dentro e scavano
caverne.
Incredibili.
Orgia di stalattiti che risuonano come percosse da mille martelli. Basta
un respiro perché suonino campane di roccia. A martello.
I colpi dentro un ventre, dove finisce l’uomo e dove comincia la donna a
volte non si sente. Sembra mucosa unica, unico nervo, il sesso che
penetra e quello che accoglie non hanno confine sensoriale e sono
liquidi uno nell’altro.
Riparte e inarca al suono di una sola parola, detta o letta. L’uomo
desidera e sa suo il suo sesso e sa che lei inevitabilmente sente.
L’uomo legge lei e lei lo legge.
A volte la passione loro si veste di telegrammi. Poche parole, quante ne
prevedevano le poste al tempo che precedette l’elettronica e le mail.
Poche parole gonfiano il torrente e lo fanno scavare alveo di fiume,
creare desideri ampi come volute infossate nella pietra dalla corrente.
L’uomo desidera la donna, sempre da sempre.
E non ha mai messo nome sul cartellino della porta di questo desiderio
né necessita di alcun campanello per sapere che lei è lì. E’ lì davanti.
A volte il fiume ha un altro suono, passa tra alberi che hanno ombre e
la malinconia del suono delle frasche e delle acque simula le loro voci,
e sembra piangere lento. Nell’acqua si specchiano i visi, vicini, resi
pallidi dal riflesso argenteo del sole sulla corrente. Si unisce allora
al suono delle foglie scosse e della corrente, una sezione ritmica di
cuori accelerati, e l’acqua che si increspa per un sasso sembra che
quasi pianga.
L’uomo e la donna.
A cui basta il pensiero per aver una contrazione unica a serrarsi a
pugno del ventre.
A cui basta un istante per realizzare che come quelle canzoni che si
fanno tormento e riemergono per giorni, mesi e anni quando meno te le
aspetti nella testa, l’altro è sempre lì. Lì dentro.
Seduti davanti a un fiume.
E’ quasi inverno, le foglie suonano.
Il fiume ha rumore di argento svelto.
Le lacrime sono le loro. Si baciano.
Piangendo.
|