I    Fiume di pianura

 

 

 

La foglia è ancora verde d’acqua e di sole, il bordo solo reca traccia dello sfiorire di stagione.
Vene scolpite nel tessuto le corrono sul dorso.
La foglia ha vene di mano.
Un piccolo polso che si è sfilato dall’abbraccio della chioma e del ramo.
Le vene scure, disegnate sembrano fiume che si spalanchi al delta.
Scomponendosi in rami, e poi ancora e ancora, fino a farsi capillari sottili e sfumati,
sotto la cute del piccolo veliero atterrato sul giornale.
Il fiume.
Un fiume.
Un fiume di parole che risalgono la corrente della mente.
Fiume placido nell’ansa, tumultuoso di tronchi, secche e gorghi alla corrente.
Fiume di Lombardia che corre piatto, si spacca a monte dove si fa alla nascita torrente
ma poi si pente presto dell’intemperanza del suo tratto giovanile.
E acquista sotto i ponti la forza il vigore e la maestosa marcia di chi va sicuro ai suoi appuntamenti.
Ticino.
Ed è autunno.
Lei che è a Milano solo per pochi giorni.
A Milano la Fiera. Una delle tante.
“Liberati, oggi…”
“Dai, fallo...”


Bella la voce anche dopo il suo lungo viaggio. Lei viaggia come bagaglio appresso.
“Vai tu in Fiera oggi, io andrò un po’ in giro, sono stanca. Hai quella cena poi e quel tuo capo così indisponente.
Mi faccio scarrozzare un poco da qualche amico, non ce la farei stare chiusa lì dentro dopo il viaggio.
Facciamo che ti debbo una giornata di sole e che giuro te la rendo. Dammi un bacio adesso…”
“ Cosa mi proponi allora ? Fai tu un programma. Ma niente negozi, centro città, marciapiedi di piombo sotto i piedi.
Stupiscimi e fammi vedere che è anche bello dove vivi. Che non è grigio fumo il colore dei tuoi giorni, e non solo quando scrivi.”
All’arrivo al fiume, l’auto sale sul terrapieno e si ancora all’ombra.
Il fiume corre nel tunnel verde largo.
L’auto ha attraversato su strade di polvere e sabbia terrapieni.
Boschi di pioppi paralleli.
Piantati in geometrie ossessive. Scheletri magri e regolari col ciuffo verde acceso in testa.
Diagramma di clorofilla e piccole ombre in fuga ordinata a terra.

Nell’auto l’uomo e la donna. Ridono quando iniziano simultaneamente a parlare. Un piccolo silenzio e poi ”Ma lo sapevi…”
“Pensa che oggi…”
Nessuno dei due finisce poi la frase che aveva sulla bocca.
Non erano importanti le parole. Meglio quel riso.
E quel sorriso.
Maglione largo affondato sul sedile, lei, quasi sprofondata nella sua poltrona preferita, sciolta sul velluto che l’abbraccia.
Lui polo arancione, delfino che gli danza al polso quando cambia.


Le parole restano chiuse lì.
Nell’abitacolo, mischiate al suono della radio che canta. Alcune sfuggite dai finestrini aperti al sole della fine dell’estate.
Sul ciglio della curva d’acqua, dove il fiume gira su se stesso e la corrente si attorciglia fino a farsi ferma,
due pescatori escono col busto dal verde.
L’acqua ruba alle foglie ancora alte e fisse ai rami colore e gioco nello specchio.
Lenti nei movimenti dettano con l’acqua. L’uomo nel fiume che carezza e frusta il velo,
cerca tesori affamati da rubare, scruta e si perde col pensiero in quella silenziosa danza.
La polo e il golf guardano in silenzio.
"Mangiamo qui?"

(a suivre)