X     L'ipotesi giapponese,

 

 

 

ovvero "le aquile"

 

                                                                                               

                    

A margine. Ipotesi Giapponese, ovvero” le aquile".
A volte capita per caso di ritrovare, al ricercatore, tracce in luoghi disparati.
Persino una lettera dell’aquila, trascritta tempo dopo e diventata canzone.
L’uomo del fiume e l’aquila ed il volo. La traccia è capitata in auto, le parole hanno suggerito la ricerca sulle note ascoltate.
Impossibile pensare fosse coincidenza!
Allora, brevi telefonate, riscontri epistolari, due banche dati, e la conferma.
E’ la rielaborazione di una lettera di lui.
A lei, all’epoca dei fatti oltretutto appena narrati.
Cogliere quel velo di sospensione temporale, quel sapore di appuntamento in volo quasi che contraddistingue il loro rinviarsi.
Usano quasi nella corrispondenza i sottotitoli.
A definire meglio, ma le tracce sono poche.
La lettera fa riferimento a un mito e a quella penna ritrovata a caso.
Allo smarrimento di giorni lontani.
All’ipotesi quasi di un percorso iniziatico, il mito dell’aquila lo ritroviamo presso molte culture, legato a iniziazioni, prove di passaggio all’età matura, dignità a poter vivere la vita, nelle simbologie tutte però legate al respiro più libero profondo e ampio.
Simbolo di volo di testa corpo e cuore, sintesi aerea della trinità umana.
Il senso di sfida alla logica di stormo, di caparbia ricerca del vero anche all’interno, di voglia di cielo, qualsivoglia cielo, ma cielo sgombro come sgombra è la mente e il passo sul sentiero.
Quasi la mistica laica del sentimento, corpo con ali, la sfida del trovare unione, passo parallelo e tempi di blu e bianco nuvola e tempesta nelle piume e giri persi in cerchio, sospesi come appesi, avvolgendosi in una danza di aria correnti e pressioni.
Nella lettera non c’era tutto questo e nemmeno tutto questo poi si ritrova nella canzone.
Ma si respira il senso della necessità di quel distacco loro, di quel viaggio di guerra di lui, della vita veneziana scandita dalle maree nei canali che lei visse a Dorsoduro.
Si riecheggia il prossimo ritorno.
Il nuovo ritrovarsi dopo il volo, la guerra e le merci accatastate, là nel fondaco odoroso, quasi a voler costruire una qualsivoglia ipotesi di vita.
Trova quindi qui spazio la canzone che riecheggia, da un’autoradio in un mattino piovoso, la lettera smarrita.
Una tra tante.
E’ ipotesi nell’ipotesi, quindi sarà qui marginale.
Vale la pena sentire la canzone anche perché indipendentemente dall’aiuto che ha fornito a meglio precisare la narrazione è una bellissima canzone.
Vale per ogni aquila desideri il volo.
Non solo loro.
Indipendentemente da Fiume.
Cento aquile in cielo non saranno mai uno stormo, ma cerchi, liberi di affiancarsi, salire, picchiare, e ritrovare gioco e danza aerea. A volte come in Fiume volano affiancate.
A volte si ritrovano in molte, alte sulla valle, solo per vedere il tramonto.
Stando più vicine al sole.




Ecco la canzone è qui sotto, scritta e cantata da Franco Battiato, l’album appena uscito, conferma un’amica ricercatrice, le musiche hanno eco di Giappone.
Non so perché Giappone o non altro stile musicale, è l’ennesima coincidenza letteraria anche questa scelta orientale.
I due del fiume in Giappone non andarono mai, per quel che i documenti testimoniano.
A lei piaceva e a lui meno.
Ma forse il Giappone era solo il senso di una canzone.




Giorni e mesi corrono veloci
la strada è oscura e incerta
e temo di offuscarmi
non prestare orecchio alle menzogne
non farti soffocare dai maligni
non ti nutrire di invidie e gelosie

In silenzio soffro i danni del tempo
le aquile non volano a stormi
vivo è il rimpianto della via smarrita
nell'incerto cammino del ritorno

Seguo la guida degli antichi saggi
mi affido al cuore ed attraverso il male
a chi confessi i tuoi segreti?
ferito al mattino a sera offeso
salta su un cavallo alato
prima che l'incostanza offuschi lo splendore

In silenzio soffro i danni del tempo
le aquile non volano a stormi
vivo è il rimpianto della via smarrita
nell'incerto cammino del ritorno

shizukani tokino kizuni kurushimu
murewo kundewa tobanai taka
furuki oshiewo tadotte
kokoronomamani konokanashimiwo norikoete

NdR. E’ stata cercata una traduzione dal giapponese moderno delle ultime strofe.
La traduzione non è disponibile. Il gruppo di ricercatori sostiene sia la traduzione del ritornello da “in silenzio” a “ritorno”.
Tale ipotesi, a rigore scientifico, va detto non è in alcun modo suffragata.
Ma il suono di queste parole cantata da voce femminile è estremamente bello.

(a suivre)