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L’aveva trovato
suicida, svegliandosi un mattino. Dopo averlo torturato per la
vita. Povero Tom. Ovunque andasse lei lo seguiva, nascosta
nell’ombra, nelle pieghe di tutta la sua vita. Assillandolo,
tormentandolo. Lo stuzzicava, lo provocava, lo portava
perennemente verso nuove cadute, gli ravvivava maligna ogni
invidia. La donna del suo amico, l’auto del fratello. La vita
che non aveva e ogni vita che lei maligna gli additava. E poi la
gelosia, insinuava dubbi, aggiungeva incertezze, sapeva come
girare quella lama con cui gli impalava stomaco e cuore. Non un
attimo, uno solo di pace. Ovunque Tom andasse, Meg c’era.
Meg attonita accanto al corpo, evaso nel’unico modo possibile
alla sua tortura. Meg, era seduta, e piangeva. Meg. Era.
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