Il gioco della lingua e del
respiro (IV)

( scritto a quattro mani con
LaDispettosa )
In
ginocchio lì tra le tue gambe nude, solo il mio viso è nudo adesso.
Ho tra le labbra il sugo delle tue cosce.
Sei una bambina che sa di donna. Il tuo sapore sulle dita, schiumato dal tuo
ventre come panna fatta affiorare mescolando il latte.
Leccato via con cura per riempirne la mia lingua e deliziare te e i tuoi
occhi nella meticolosa attenzione con cui lavo le mie dita lucide della tua
voglia.
Le assaporo, ritrovo il dolce che amo dopo il piccolo acre forte di donna
che alla bocca mi sconvolge.
Deglutisco la mia saliva carica del tuo scioglierti rubato con le dita,
avidamente ne porto il gusto al fondo della lingua, poi in gola, poi giù
lungo il palato. Ti bevo dalle mie dita, faccio la comunione, la prima mia
con la tua fica, attraverso la lingua che le lava come se si lava con
dovizia di attenzione e devozione un gatto.
Dito per dito, poi tra le dita. Ti mangio lì. Goccia dopo goccia ti rincorro
nel sapore delle dita.
Tradendo quando succhio, le affondo in bocca per avvolgerle come stendessi
in gola e sulla lingua un pennello di carne e unghie intinto in te, carico
del tuo gusto, la mia fame che non controllo.
Ma mi governa adesso.
"Inginocchiati"
Ho sentito netto, dal tono che mi ha fatto accelerare il cuore e il fiato,
che non era solo una richiesta.
Che era qualcosa di più forte di un semplice guidare la mia testa sotto di
te e le mie gambe a terra.
Hai sollevato la maglia sporgendoti avanti.
Alta sul culo.
Alzandolo, sporgendolo, protendendomelo verso le mani. Le ho posate sui tuoi
fianchi.
Stringendoli, pensando tu aspettassi che ti aprissi per riempirti la fica
col mio cazzo.
No.
"Inginocchiati"
Non hai avuto bisogno di ordinarmi altro. Di dirmi cosa esigi e vuoi in
questo momento.
Le mani sono scese sulle tue cosce, tu con la testa voltata oltre la spalla
ti sei goduta il mio calarmi in ginocchio fino ad avere il tuo culo e le tue
reni all'altezza della bocca.
Per essere più esplicita e più chiara hai sollevato un piede e allargato al
massimo le cosce, abbassandoti e aumentando il ponte del tuo corpo tra me e
il muro.
Flessa contro i mattoni, aggrappata con le mani all'intonaco vecchio, le
cosce larghe e i piedi affondati a terra.
Sono atterrato.
Con le ginocchia che nemmeno hanno sentito quei sassi sotto i pantaloni.
Con la lingua nella fossa delle reni. Ti ho scavata bene, lì in mezzo.
Ho fatto crescere a buccia d'arancia le tue reni sotto il tocco sulla pelle
delle labbra e della lingua.
Le mani a prenderti le cosce sul davanti, quasi aggrappato ad esse, a
tirarti indietro fin quasi a scollarti dal muro e trascinarti a cadere su di
me. Lì sotto.
Ho sentito i muscoli delle tue cosce contrarsi. Dapprima quasi per caso poi
meticolosamente ad ogni meticoloso colpo di lingua lì sulla tua pelle.
Tirando quelle mani sulle cosce a spingere il fondo della tua schiena sulla
bocca a fine pennellata della lingua.
Ti ho scritto di saliva sulle reni parole che non potevi leggere se non
tremando sulle gambe.
Ho scritto frasi oscene. E parole d'amore che non direi mai per pudore ad
alta voce.
Ordini e preghiere.
A te e alla tua fica. Al tuo culo che mi incanta.
Ho scritto di saliva e poi lavato via dalla lavagna con la lingua stessa.
Ho affondato il viso, sfregandolo, scendendo con la lingua lungo il solco.
Allargandoti le natiche spaccate come una pesca. Ho rotto quella pesca
tirandola di lato, scivolando saliva e carezze di bocca, lungo la schiena
nella gola di quel solco che scendendo diventa sempre più stretto.
La lingua tesa per colmarne la profondità tra le due sponde, tirate ai lati
come quando spacchi la frutta in due con le mani e si apre persino il
nocciolo sdoppiandosi, quando finalmente il frutto cede, grondandoti sugo
che raggruma, appiccica, cola lento, fino ai polsi.
Ti sto leccando lì, scendendo lentamente lungo il culo, scivolo la lingua
come se cercassi un succo nuovo in un frutto ancora acerbo.
L'uomo mangia la bimba dove si è fatta finalmente donna.
Lucido il taglio che si chiude sul mio viso, costringendomi a spingere come
un ossesso con la lingua per seguire il filo sensibile, sotterraneo e
pulsante che ti taglia in due fino dividersi alle gambe.
Ti afferro le cosce più in alto adesso.
Ai lati del pube per manovrarti meglio.
Per afferrare e spingere meglio la tua fica che mi offri contro la bocca.
Mi hai sentito arrivare colandoti sulla schiena e attraverso il culo che ho
tenuto forzandolo con le mani teso e aperto.
Sono scivolato lentamente, a bocca sempre aperta, perdendo saliva senza
controllo quando mi aumentava e tracimava dalla bocca. Hai sentito lacrime
dalle mie labbra colarti sulle cosce, prima ancora che baciassero le labbra
tue lì sotto.
Ti sto baciando adesso.
Ripeto il bacio della bocca sulla bocca.
Poso le labbra questa volta non parallele alle tue, nascoste, ma di
traverso. Forzo il viso per raggiungerti lì sotto. Mi aiuto con le mani con
cui ti tengo stretta per le cosce.
Poso le labbra sulle labbra. Col capo rovesciato indietro fino a dolermi il
collo. Poi la punta della lingua. A giocare a nascondino col solco che ti
bagna. La poso solo, scosto un pochino, le faccio fare una piccolissima
carezza al taglio.
Poi schiaccio le mie labbra. Allargo il bacio, sento una bocca aprirsi sotto
la pressione, perpendicolare alla mia.
Poso la lingua in quel taglio che si è aperto. La poso piatta.
Spingendola non riuscirei mai ad arrivare da qui al tuo piccolo cazzo di
donna, lì davanti. Per cui cambio strada, strategia.
Ti assedio altrove, in altro modo voglio strapparti una parola, un lamento.
Un sospiro.
Risalgo con la lingua verso il culo, la strofino salendo nella terra di
nessuno chiusa tra le tue trincee, bagno lì quel piccolo lembo di pelle e di
carne che ti divide dove offri due sessi al desiderio mutevole dei tuoi
amanti.
Mi fermo lì. Con le labbra bacio. Col respiro scaldo. Poi succhio quella
pelle e quella carne cercandone un improbabile succo. Ora tu senti
leggermente i denti mentre faccio l'amore con la bocca lì dove non hai
sesso.
Succhio come se dovesse uscirne latte e io avessi solo quello nella vita per
nutrirmi.
Tu fossi il mio unico cibo e nutrimento.
Scendo.
Ancora. La lingua a furia di sfregare è quasi secca. Sembra più dura e
ruvida, meno morbida, più invadente.
Arriva al taglio e non sono baci adesso.
Muove le labbra. Tue.
Le scosta, le apre, le spettina.
Le allarga e entra piatta di taglio. Larga come può allargarsi una lingua in
una fica stretta tra due gambe tese. Cerca di allungarsi dentro.
Spinge dal fondo della gola fino a dolermi.
Vuole lavarti dentro, leccarti come può, se vuole, leccarti fuori, farsi
cucchiaio in te come fecero le dita per saziarsi.
Mi bagni il mento e strofinandomi così tra le tue cosce ora anche le guance.
Odorerò di te e della tua fica perdutamente. Quando mi leccherai il viso.
Mi piace il tuo sapore, potrei amarlo credo fino a farne unico nutrimento.
Serbarne il ricordo e cercarlo tra le labbra giorni e giorni dopo averlo
avuto nella bocca.
Ricordarlo alla mia bocca rinnovandone il sapore mille volte nella mente.
Non è più acre, attimo dopo attimo mentre aumenta di forza e intensità e
liquido mi sazia, diventa dolce, miele che non stanca, sa di farina
lievitata e mosto.
Le mani sulle cosce sentono le spinte.
Delle tue mani contro il muro, ti aggrappi ad ogni affondare o torcere della
mia lingua e hai scatti ai muscoli appena entro o mi ritraggo.
Gioco a negarmi ma troppo a lungo non ci riesco.
Ho sete e fame.
Ti sto mangiando la fica a morsi senza usare i denti.
Succhio le labbra che sono cedevoli, gonfie e dolci. Una per una le tiro tra
le mie, le stringo torcendomi lì sotto.
Aspiro e trattengo. Stringendole, cercando di indurirle per non perdere la
tua, prigioniera del momento.
Poi bacio ancora. Te, la tua fica torna bocca per la mia.
Mi hai ordinato tu, godendo il brivido nel vedermi farlo, di mettermi in
ginocchio.
Mi hai ordinato di essere felice.
E di urlartelo, bocca su bocca, stretto tra le tue cosce, dentro.
Respiro te.
Ti bevo.
Ti mangio.
Imprimo il tuo odore e il tuo sapore sul mio
volto. Mi marchio di te, cercando di scomparirti dentro.
Felice e perso.
Ti voglio così violentemente che diventerei lingua tutto. E ti scomparirei
dentro come fa lei adesso, tutto, per un tempo infinito, salendoti fino al
ventre.
Stretto e tenuto prigioniero in te dalle tue cosce che tu avresti stretto,
per tenermi interamente dentro.
Ti
amerei così. Al buio. Solo una leggera luce che non cela le sagome dei corpi
avvinghiati. Stretti in un abbraccio che non si cura di nulla. Di nessuno.
Ti amerei così, anche se ci fossero cento persone a guardarci.
Ti amerei cingendoti la vita con le gambe, facendoti diventare dolce
sostegno. Portandoti le braccia al collo ti amerei così. Ti amerei la bocca
con la mia.
E, con una mano indirizzerei, senza distogliere lo sguardo da te, il tuo
cazzo verso il mio frutto più dolce.
Appoggerei la punta liscia e umida davanti
l’ingresso. Ti guarderei ancora. Il seno appoggiato al tuo petto come se
quel contatto di pelle facesse battere i cuori con lo stesso ritmo.
La fica già bagnata della tua saliva è lì, aperta davanti al tuo sesso che
ti fa uomo. Pronta ad ingoiarti, ad inglobarti in essa e a tenerti lì fin
quando non sarai stanco.
Ti amerei così. Semplicemente. Tenendoti dentro.
Facendoti entrare piano per assaporare ogni centimetro.
Stringendoti attorno le cosce, strette ancora nelle tue mani.
Mi dondolerei su di te, lentamente.
E amandoti ti guarderei negli occhi per provare a leggerti dentro.
A capire cosa vuoi da me.
Per capire cosa cerchi, oltre alle emozioni.
Ma non hai mai chiesto niente di più, di quello che ti ho da subito dato
spontaneamente.
Mai.
Ed allora continua così, ti prego. Cerca in me quello di cui hai bisogno.
Che siano emozioni. Che sia altro. Continua così, per favore, senza
distogliere lo sguardo. Senza cambiare strada. Scavami dentro e cerca. E
trova. Trova quello di cui hai bisogno. Non smettere mai di farlo. Non
smettere.
Ed allora continua così, a dondolarti dentro di me pigramente. Quasi per non
arrivare alla fine troppo presto. Per non mangiare tutto il piatto in un sol
boccone e poi sentir tornare la fame.
Per non fare della meta l’unico obiettivo, quanto piuttosto di rendere
meraviglioso il viaggio per arrivare ad essa.
Amami così, con il tuo calore che mi brucia dentro.
E ad ogni spinta fammi sussultare. Ansimare. Piangere.
Ad ogni spinta fatti graffiare, dolcemente. Fatti mordere.
Ad ogni spinta fammi chiedere di più, ma non farmi mai saziare. Perché non
sono ancora sazia di te. Non ancora.
Amami così, con quel brivido che parte dalle tue mani di uomo per corrermi
veloce sulla schiena. Fallo arrivare al collo, fammi girare la testa.
Stringi di più. Sai che mi piace. E cullami su di te per far arrivare il
piacere da lontano. Piano.
E fiato dopo fiato, fammi vedere.
Voglio vedere mentre vieni rapito da tutto ciò che ti ho dato. Che ti sto
dando. Voglio vedere i tuoi occhi chiudersi. Voglio vedere la testa
reclinata all’indietro. Le labbra aperte come se così riuscissi meglio ad
assaporare l’orgasmo.
Fammi vedere. Riempimi del tuo liquido caldo che per me è linfa vitale.
Fallo scorrere dentro. Come fiume bianco che si muove nelle viscere. Ed
unire al tuo il mio. Mescolare i sapori e farne uno solo.
Sentirlo arrivare da dentro. Sentire le labbra che si spalancano come ad
accoglierti tutto. E baciarti la bocca umida di saliva. Cercarti la lingua
per una nuova danza.
Mentre la mia, di bocca, ti lava e ti bagna del mio piacere.
Rimani così, dentro di me, ancora qualche istante.
Ti amerei così. Tu amami così.
Non smettere.

