VII    L'ipotesi francese.

 

 

             Apocrifa probabilmente

 

 

 

 

 

Nei manoscritti, poi nemmeno tutti scritti a mano, ritrovati,

si accavallano ipotesi contrastanti per le date.
Disomogenee e illogiche anche per i luoghi.
Citati.
Si riconosce la scrittura vergata a mano di un probabile unico autore su molti di essi.
In altri che sono ritagli di giornale, dattiloscritti, appunti in stampatello,

persino una lista della spesa assai strana e inusuale,

("comprare tela azzurra da camicie" in quella quantità rasentava l'illogico e l'irrazionale),

a lato, a margine o al piede ritroviamo spesso quella calligrafia.
Quasi ci fosse stato per gli amanti, presente nell'ombra, una sorta di biografo ufficiale.
Ma in questa ipotesi, richiederebbe l'ausilio di uno storico o uno studioso se si vuol verificare,

troppe sono le discrepanze con la ragione e il razionale.
Per luogo e spazio fisico e temporale.
Anche presupponendo che in realtà fosse magia di teste cuore

e desiderio quel viaggio lungo il fiume è il dopo che riesce ad inquietare.
L' "Ipotesi del Ponterosso" sembra quasi suffragata dai riscontri materiali,

abbiamo testimonianze raccolte in loco,

due conti di trattoria nei giorni successivi e alcuni azzardano anche una foto.
Nella foto i due, o i presunti tali, sono al mare.
Grignano, vicino al Castello di Miramare.
La foto è fuori fuoco, fatta per fotografare il Castello sullo sfondo e non di certo loro.
Ma l' "ipotesi Francese"…
Magia permettendo pure, è veramente irreale.
Anacronistica coi tempi e poi con le correnti di quel mare, dei fiumi

e la geografia idrografica e orografica convenzionale.
Possiamo riportare qui per sommi capi.
Allora.
Per amore speculativo e di ricerca virtuale.
Anche perché loro sono belli nella corsa e nel loro piacere e amano l'amore.
Perché anche in fondo aveva un fascino speciale.

Arrivano a Parigi in una giornata di fumo.
E fiamme.
E lotta di titani.
L'isola attraccata al Ponte Vecchio.
I passi sul selciato.
Grigio di ruote di carretti usate a costruire barriere e barricate.
Parigi vive in quei giorni la sua gloria e celebra il futuro ricacciando il suo passato.
Il sacrificio e la sfida dei nuovi dei pagani.
Lei trova il moto dei cittadini in quelle strade.
E la corsa con la sfida nelle gambe,

il coraggio nelle mani e la passione dell'amore prima della fine della terra,

in quei giorni meravigliosi e strani.
Strade bagnate anche dalla pioggia

a illuminare le pietre nere e grigie delle strade di riflessi speculari.
Piene di nuovi giacobini e di Marianne infiammate.
Dividono per giorni e settimane una stanza,

alta sopra la piazza in un sottotetto con una finestra spalancata,

a Place des Vosges con due operaie polacche arrivate lì per la rivoluzione.
Una tenda a separare la coppia dalle due immigrate.
Ragazze con la faccia antica, statue contadine, il viso rosso di sole e gli occhi chiari,

efelidi schizzate per la luce.
L'amore con la piazza sotto i piedi, il quadro verde al centro, basso sotto.
La piazza e le sue grida spesso concitate di un esercito bellissimo e straccione.
Colonna sonora di orgasmi e parole urlate, a volte,

nelle notte ma anche sì nel giorno colpi di fucile

e in lontananza eco di cannonate.
Fanno l'amore in fretta, dice la cronaca apocrifa ritrovata, in quelle giornate,

con l'ansia e la disperazione dell'ultima possibile giornata,

la rabbia di voler bruciare in un momento una vita

e la voglia di ricominciare, nei momenti di assenza delle coinquiline.
E a volte nelle notti più infuocate, nascosti dalla coperta fatta muro,

reprimono in silenzio parole sospiri e grida.
Rumore di corpi avvinghiati e di sudore.
Giocano a sottrarre ogni rumore e voce.
Lui con la mano sulla bocca a soffocare e imprigionare.
"Non farti sentire…"
Lei vorrebbe urlare.
Più il silenzio imposto, della tensione stessa dei loro corpi,

quasi strapperebbe ad esplodere la voce.
Così, giocando a farsi muti, lui le da tormento,

silenziando anche il gemito e lo stridio della rete

 e in lei la voglia di godere diventa supplizio e gioco e prolungata agonia,

strazio di rinvio, tormento cercato e al tempo stesso odiato.
Quel sesso lento, silenzioso e vicendevolmente a lungo dilatato.
Gioco di rinvio sino all'esasperazione e di parole e ansimi in prigione.
"..non far rumore.." lui le tappa la bocca perché sa che lei vorrebbe urlare.
Voglie felicità desiderio e cuore.
Tappa la bocca e spinge, inarca il sesso come un uncino a strappare e poi si frena.
Sente la forza della voce imprigionata nella mano.
La spinta del fiato caldo e la pressione delle note

e del grido che le nega con la mano a museruola d'amore.
Lei spinge, ruota scatena il bacino e lui la blocca con la mano.
Al fianco ad impedire che il letto stesso parli del loro fare.
"Silenzio... Non fare rumore..." e ricomincia ad arare.
Rivolta terra e carne, spazza la zolla, apre il solco lo richiude

e lo fa irrigato dalla voglia e caldo letto per un seme o un fiore.
Lei si fa molle e calda come terra di primavera a bordo fiume,

dopo la pioggia e al primo torrido sole...

 Spaccate in zolle dalla marcia del suo rivangare.
Senza rumore di vento uccelli o fiume.

Lui le blocca le parole, costringe dentro a far gonfiare ogni pensiero fino all'esplosione.
E ogni volta e ancora.
Che lei vorrebbe o sta per far rumore, lui la blocca e spinge.
Corre e frena. E blocca ogni suono nella testa e nella gola,

dirige coi suoi tempi la sua orchestra muta.
Aumenta il desiderio e il desiderio del rumore a liberare.
Sale la voce mentre lui la scala, e ancora.
Ferma la mano, dura sulla bocca, tappa il piacere perché non voli.
Gli morderà la mano, lei, quasi con violenza e vendetta

nel marchiare la corona dei denti scura sulla pelle,

quando lui non riuscirà più a controllare.
E salirà l'ultima volta per poi cedere definitivamente e scoppiare.
Sarà lui a gridare.
Dietro la tenda due donne che reprimono anche il sorriso,

da tempo e soprattutto ora a quel grido improvviso, per non far rumore.
 

Il giorno dopo cade la Comune.
E la battaglia nelle strade avrà di rosso non solo le bandiere.
Le due polacche svaniranno nelle strade, verso la Butte,

con gli operai delle ferriere.
Il vento spazzerà e raderà le case

come fa alle foglie il gelo e la neve in una tempesta invernale.
La casa ai Vosges vuota.

La porta bassa, ricavata nel portone carrabile,

porta di piccole donne e piccoli uomini e non carrozze lontane, spalancata.
Come un bocca urlante, anche la porta adesso,

per rabbia questa volta e non soltanto per amore.

Il manoscritto finisce con i due del fiume

in una strada in mezzo ad una folla di sconfitti in fuga.
Le armi chi gettate a terra e chi serrate ancora.
Loro corrono, gli amanti del fiume,

senza sapere né quanto han corso prima né quanto correranno dopo,

né quale sia la meta.
Le cannonate giù, vicino al fiume, stanno creando viali.
Squarci nella città e nei cuori.
Cadono i volontari arrivati da Berlino, Roma,

operaie polacche e contadini arlesiani,

gente venuta da Lione

o da paesi nemmeno conosciuti nella babele delle voci.
Finisce qui dunque la traccia francese

e l'anacronismo è davvero tale da fare rinnegare questo racconto, falso sicuramente,

di un autore che probabilmente aveva solo voglia di scherzare.
O correre oltre ogni barriera con le sue parole e il suo stupore di fronte al loro amore.
Scherzare nemmeno, probabilmente.
Considerata situazione epoca e dramma che sono sfondo tragico all' "Ipotesi francese".
Riportata qui, ora solo per suggestione.
Perché sulla storia dei due e dell'avventura e della passione

sono fiorite leggende.
Come su ogni terra che sia coltivata con cura e con amore

e abbia in sé la forza di stupire affascinare e generare.
La storia stessa, quella di cui siamo certi, ha fiato di leggenda.
L'isola che volle farsi barca per un'evasione.
Allora, l'"Ipotesi Francese" è leggenda di leggenda.
 

Iperbole finale,

scritta a lato da qualcuno

che non voleva nemmeno confinare

entro barriere logiche già fragili la storia di passione.
Mito dei miti.
Curva esponenziale.
Vale per questo e per questo trova ospitalità in questa narrazione.
Testimonia il potere della suggestione

e la nascita di una leggenda irreale nella fantasia dell'anonimo autore.
Ma è una bella ipotesi, una storia che muove e fa un po' sognare.

Andava detta anche se solo in poche parole.
I due, sempre secondo i manoscritti più attendibili,

presumibilmente non lasceranno il mare.
Né il loro tempo.
Avranno solamente altre strade da esplorare.
E chi legge solo occhi per sognare.
Finendo col legare a loro persino il loro modesto cronista narratore.

 

(a suivre)