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Entrava e usciva.
Saliva e scendeva. Ricamava un orlo infinito. Chi vedeva quel
ricamo si fermava, a lato, guardava. La perfezione, il ritmo del
punto del cucito. In pieno sole, l’alba passata da poco, la luce
sulla trapunta azzurra donava alle sue increspature lampi. E
giocava, a spettinare quel velo appena poco prima così teso,
baciando quello scendere e salire. Il celarsi e il riapparire.
L’ago correva. Il filo invisibile tesseva, sotto gli occhi di
chi si era fermato a guardare. E attendeva ogni riemergere e
svanire catturato da un ritmo così perfetto da sembrare
musicale. I fili paralleli di una cucitura che, appena puntato
un punto, si dissolveva, e poi riappariva e poi si dissolveva.
La ragazza uscì dall’acqua dopo dieci vasche all’andata e dieci
al ritorno. Si scrollò l’acqua dai capelli e sorrise. La
guardarono scivolare liquida lungo il bordo, verso le cabine.
L’acqua era tornata ferma. E, invisibile, la perfetta cucitura. |
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