Microracconti

Nati per caso o quasi, per un concorso letterario, col vincolo delle 2.500 battute complessive (questo è di 2.000). Cioè scrivere in salita. Oppure i miei racconti-cartolina.

8.  

Lavorati di lima e pialla sulle parole, per sottrazione, col contagocce, per non rompere una storia, un ritmo, un'armonia.
Questi racconti ne sono il risultato, qualunque esso sia.
 

   
     
  strategie della tensione (racconto a tema, scritto per l'antologia 365 Racconti Horror per un Anno)

dedicato a Gianfranco N.

 
     
  Ricordo.
L’unico corso di scrittura a cui partecipai. Sei giorni in un bungalow a San Marino.
Carlo, Giampiero, Andrea, Maurizio, Gianfranco e cinque di noi, i discenti, alle “Strategie della Tensione”.
Tutto correva bene, alla fine era una settimana bianca passata con nuovi amici, scrivendo e dibattendo di scrittura di giallo e nero.
Dialogo, trama, procedure. Giornate, pranzi, cene, discussioni sotto la pioggia cupa con il vino, sotto la pergola del bungalow comune.
L’ultima lezione, il 2 novembre, era sull’ horror e i “Percorsi di paura”
Chiesero, fu Gianfranco, lo specialista, di esporre ognuno a tutti il suo più gran terrore e scriverne. Chi temeva ragni o serpenti, io la cecità improvvisa.
E fu così, il mio incubo, solo nel bungalow, quella notte.
I semivivi-semimorti a graffiare il legno della porta e i fragili vetri, lo squarcio della lastra, il fulmine accecante del blackout. Che mi accecava.
Cieco, nel nero, loro a sentirmi, i loro passi ovunque. L’odore della paura nel mio sudore ad attirarli. Mi pisciai addosso per confonderli, cambiando il fetore che mi avvolgeva.
Li sentii fermarsi, confusi.
Mi spogliai, nudo, silenzioso. Avevo le orecchie tese.
Le sentii fisicamente allungarsi alla ricerca del minimo suono che tradisse un moto nel nero di pece calda. Come succede ai ciechi l’udito mi donò risorse sconosciute, nuove.
Lasciai i vestiti in un angolo, tanfo di paura e urina denso, i peli sulla schiena ritti e i muscoli come molle.
Ora è la volta degli odori, mi dissi, annusando come non sapevo si potesse. Sentivo il loro odore, contai così quanti fossero. Fortissimo, l’odore del Titan Arum, putrido pur se creato da un bellissimo enorme fiore. Vedevo senza vedere.
Degli altri quattro allievi non so nulla.
Al mattino a colazione coi docenti, parlammo un poco, scambio di mail, sorrisero del mio lavoro.
Poi Gianfranco si scusò per la notte passata e sorridendo mi confessò che mai avrebbero ucciso un mutante, un uomolupo, dopo averlo risvegliato.
Non “Loro”.
Sicuramente.