Microracconti

Nati per caso o quasi, per un concorso letterario, col vincolo delle 2.500 battute complessive. Cioè scrivere in salita. Oppure i miei racconti-cartolina.

9.  

Lavorati di lima e pialla sulle parole, per sottrazione, col contagocce, per non rompere una storia, un ritmo, un'armonia.
Questi racconti ne sono il risultato, qualunque esso sia.
 

   
     
  le déjeuner sur l'herbe  
     
  Si chiese seduto al tavolo perché nemmeno avesse in fondo fame.
E perché succedesse quasi sempre così.
L’uomo e la donna amavano mangiare insieme. Si raccontavano di cibi, lei sapeva cucinare, lui si arrangiava a farlo discretamente.
Progettavano a volte il ritorno qualche ristorante o trattoria che li aveva già visti commensali e nell’attesa di una nuova visita lì insieme, si scambiavano il sapore di cibi conosciuti. Bastano poche parole ad evocare sapori conosciuti e condivisi. Desiderandoli ancora.
E loro sembravano tornare ragazzini parlando e scherzando di un torta, di un vino, dell’eco di una salsa di ortiche. Fino ad averne infinita fame.
Poi, come allora, seduti al tavolino in fondo al piccolo giardino, il primo tavolo dopo la scala, seppe, ancor prima che iniziassero, che come ogni volta avrebbero mangiato, a sazietà, mangiando poco. Di gusto, perché amavano entrambi i sapori.
Ma come sempre poco, meno di quanto avrebbero mangiato se non avessero fatto pranzo insieme.
Eppure erano entrambi amanti dei sapori, delle piccole perfezioni, dei cibi e dei vini e ne erano anche golosi.
Come quella volta che frequentarono uno stesso ristorante in tempi differiti, perché il secondo a andarci era alla ricerca dell’impronta dei sapori che l’altro lì aveva trovato, raccontandoglieli. Sapori di cibi, di atmosfere, di luci, magie minute e colori.
Di calore.
E poi si scambiarono una foto.
Anche tu eri a questo tavolo vero?
Però mangiavano davvero poco. Almeno insieme, era così.
Si perdevano nei sapori perfetti di mille piccoli bocconi. Lei e lui sbocconcellavano, nella giornata dopo la notte di tempesta, l’aria e il cielo che sembravano nati esplodendo da uno squarcio di acqua e tuono, un grissino o un po’ di pane. Come se la ricerca del sapore facesse di mille schegge sazietà da solo. Insieme mangiavano e godevano del cibo solo per quello e per quanto alla fine davvero loro ne serviva.
Seduto al tavolo ordinò. Lei ordinò e lui pure.
Si scambiarono assaggi dai piatti. Due di carne e due dolci.
Mangiarono a piccoli bocconi, come si mangia, eppure nessuno dei due credeva in dio, una comunione.
Sazi prima che del cibo dello squarcio del cielo dopo il temporale e della vita. Sentendosi liquidi, come quel fiume che correva in silenzio, dopo aver lavato valli e montagne, davanti a loro.